Abbazia di San Pietro in Valle
La storia delle origini della vita monastica nel luogo dov’è sorta l’abbazia di San Pietro in Valle è raccolta nei Leggendari conservati nell’Archivio capitolare del Duomo di Spoleto.
Si narra di Lazzaro e Giovanni che nell’anno 516 vennero in Italia dalla Siria e dopo lunga peregrinazione scelsero di ritirarsi in una grotta nelle montagne di Spoleto erigendo un eremo che gli abitanti del luogo identificano con la Romitoria sul Monte Solenne, sopra Macenano.
Si deve a Faroaldo II, duca longobardo di Spoleto, l’edificazione sulla tomba dei Santi Lazzaro e Giovanni dell’abbazia dedicata a San Pietro in cui si ritirò nel 720 quando fu spodestato dal figlio Trasmondo II e dove morì da monaco nel 728.
Anche al figlio toccò la stessa sorte quando fu destituito dal re longobardo Liutprando, seguito dal suo successore Ilderico che fu scacciato dopo solo un anno di regno (739-740).
Le loro sepolture, ritrovate nei lavori di restauro iniziati nel 996 da Ottone III di Sassonia, furono degnamente sistemate nella parte absidale della chiesa reimpiegando sarcofagi romani, testimonianza di un più antico insediamento nella zona.
L’abbazia divenne così un mausoleo ducale che con donazioni ed annessioni estese la sua influenza religiosa ed economica in un vasto territorio, con il privilegio di non dipendere dal potere vescovile.
Ridimensionata nel suo ruolo prima con il passaggio del Ducato di Spoleto alla Chiesa (1230) e poi con la sua cessione al Capitolo Lateranense (1303), diventò infine abbazia commendataria concessa dai Pontefici alle famiglie Della Rovere, Ancajani e Cybo, che si succedettero nel possesso dell’abbazia. Attualmente la chiesa è di proprietà dello Stato, mentre il monastero è di proprietà privata.
La chiesa si presenta con facciata a capanna, oculo e portale rinascimentali, rivolta verso l’antico accesso da Spoleto. L’interno, a navata unica coperta con capriate, è decorato con un ciclo di affreschi con Scene del Vecchio e Nuovo Testamento che costituisce uno dei capisaldi della pittura umbra del XII secolo. Il transetto termina con tre absidi semicircolari; quella centrale è preceduta da un antecoro, secondo i modelli dell’architettura ottoniana.
L’altare maggiore, frutto degli arbitrari restauri del 1931, è composto da frammenti dell’antica iconostasi del secolo VIII che doveva ornare la chiesa longobarda. La lastra che funge da paliotto, commissionata dal duca di Spoleto Ilderico, è scolpita e firmata da un “Ursus Magester”. Nel braccio sinistro del transetto la mensa d’altare è composta da due sarcofagi romani sovrapposti che, secondo la tradizione, contengono le spoglie dei Santi Lazzaro e Giovanni, mentre nel pilastro orientale del braccio destro del transetto è murato un sarcofago romano del tipo a colonna, che si ritiene la sepoltura di Faroaldo II. Il possente campanile a quattro ordini è databile alla fine del secolo XI.
Il complesso monastico, di proprietà privata è stato recentemente ristrutturato per destinarlo alla ricettività come residenza d’epoca.
Pratiche terapeutiche
La singolare posizione dell’altare detto dei Santi Lazzaro e Giovanni, posto davanti all’abside del braccio sinistro del transetto, forma una sorta di angusto ambulacro che si deve percorrere accucciati e che ricorda vagamente i deambulatori delle cripte semianulari di alcune basiliche paleocristiane dove venivano venerate le reliquie dei martiri. Sul lato destro dell’altare è stata praticata una piccola apertura, protetta da una grata di ferro, la fenestrella confessionis, attraverso la quale erano visibili le reliquie dei santi monaci. Questa particolare soluzione ha favorito la pratica di un percorso devozionale per la protezione della salute del corpo.
Come raggiungere l’abbazia di San Pietro in Valle
Lungo la strada statale n. 209 Valnerina, presso Macenano, una breve carrozzabile sale fino all’abbazia (m 364).
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