Il Rinascimento in Umbria. L’apparizione delle forme rinascimentali nella regione avviene secondo calendari diversi, sempre in parallelo con le vicende politiche dei numerosi centri regionali. Ancora una volta sono Perugia e Orvieto all’avanguardia nel nuovo modo di rappresentare: a Perugia, le opere di Domenico Veneziano, dell’Angelico, di Piero della Francesca e di Filippo Lippi trovano un corrispettivo nelle architetture e sculture di Agostino Di Duccio; Orvieto chiama a lavorare il Beato Angelico e con lui è Benozzo Gozzoli, poi responsabile della diffusione della nuova maniera a Montefalco. Né va dimenticato l’apporto dato da Filippo Lippi, chiamato a dipingere l’abside della cattedrale spoletina, diffondendo così un linguaggio destinato ad avere profonde conseguenze sulla cultura pittorica dell’Umbria meridionale fino a Cinquecento inoltrato.
È in questo secolo che Perugia emerge nuovamente come centro in grado di coniare un’arte del rappresentare di importanza sovraregionale.
I grandi cicli ad affresco del rinascimento
L’Umbria annovera alcune tra le più alte testimonianze della pittura italiana quattro-cinquecentesca, tanto che sarebbe davvero impossibile esaurirne l’elenco. A Montefalco Benozzo Gozzoli celebra il potere dell’Ordine francescano effigiando sulle pareti della chiesa di San Francesco le Storie del santo (1452). A Spoleto lascia il suo ultimo lavoro Filippo Lippi, chiamato a decorare nel 1467 l’abside della cattedrale con Storie della Vergine. A Orvieto, nella cappella di San Brizio nel duomo, sono all’opera il Beato Angelico (1447-49) e Luca Signorelli (1499-1504), cui spetta la realizzazione di una delle interpretazioni più originali del tema del Giudizio universale. A Perugia è all’opera il Perugino, artefice insieme alla sua nutrita bottega di numerosi lavori, primo fra tutti, allo scadere del secolo, quello del Collegio del Cambio, insuperato manifesto della cultura umanistica e banco di prova del giovane Raffaello.
La fortuna dello stile del Perugino, esemplata al massimo livello negli affreschi del Cambio, si riverbererà su generazioni di seguaci e imitatori, dal Pinturicchio a Giannicola di Paolo, da Giovan Battista Caporali allo Spagna fino al giovane Raffaello.
Nell’orbita del Papato
II Cinquecento è anche il secolo che vede la definitiva affermazione del potere pontificio in Umbria e la definitiva scomparsa di ogni ambizione autonomistica, prima fra tutte quella di Perugia che dopo la guerra del Sale del 1540 è emblematicamente assoggettata al dominio della Chiesa con la costruzione dell’imponente Rocca Paolina.
D’ora in poi la storia anche artistica della regione è parte della più ampia vicenda dello Stato della Chiesa, che arriva ormai a comprendere un territorio che da Roma giunge sino a Ferrara.
Collocata nell’orbita dell’Urbe, l’Umbria ne condivide infatti gli ideali d’arte e di costume e non è un caso che le maggiori imprese in campo artistico vedano al lavoro poche personalità locali e, di converso, molti artisti di provenienza extraregionale. Valgano, a proposito, gli esempi di due tra i più imponenti cantieri della seconda metà del Cinquecento: l’edificazione della maestosa Basilica di Santa Maria degli Angeli e l’allestimento dell’arredo della Cattedrale di Orvieto.
Questa tendenza è ribadita anche nel Seicento: tra le tante testimonianze i palazzi gentilizi che tra Sei e Settecento conquistano prepotentemente gli spazi urbani invadendo per gradi l’equilibrata scena delle più minute architetture medievali.